I 3 elementi per una relazione equilibrata: come far felice l’altro senza rinunciare a nulla di te


 

Dopo aver visto il webinar sulla scelta (che se non hai visto ti invito a vedere cliccando qui), una nostra amica ci ha fatto questa domanda.

“Come si può scegliere non avendo scelto in prima persona? […] lei vuole uscire a passeggiare, lui stare sul divano….come si fa a scegliere pienamente di fare una cosa che in quel momento non ci va di fare?
Come possiamo toglierci di dosso quella sensazione di ‘perdere’, di non essere totalmente espressi, di dover ‘rinunciare’ per far felici l’altro?

Le domande, anche se non sembra, sono due e sono entrambe molto interessanti.

  • Si può scegliere non in prima persona?
  • Come si può scegliere pienamente una cosa che non vogliamo e che l’altro vuole, senza la sensazione di perdere qualcosa, di non esprimerci?

Partiamo dalla prima.
Come si può scegliere non avendo scelto in prima persona? Non si può.
Fine della prima risposta. Ah, se fossero tutte così…

Per la seconda domanda ci metto un po’ di più.

È vero, c’è la possibilità di fare per l’altro e di avere la sensazione di perdere qualcosa.
Di venire dopo, di doversi accontentare, di essere sempre in secondo piano.
Accade quando la nostra azione per l’altro non è completamente scelta.

C’è anche la possibilità di scegliere in prima persona di rinunciare a qualcosa di sé, per realizzare qualcosa dell’altro.

Per esempio, io scelgo di mettermi in secondo piano e realizzare il desiderio di chi mi sta accanto, solitamente mia moglie. Lo scelgo io.
Lei mi chiede, io dico sì. È una scelta, libera e consapevole.

Si chiama “dono di relazione”.
Non è nulla di diverso da, che so, un regalo di Natale.
Regali quello che vuole l’altra persona perché VUOI farla felice. È una tua scelta.

Se invece fai un regalo perché DEVI, perché è Natale, perché sennò si offende e tutte quelle menate lì, allora sì che hai la sensazione di perdere.
È una costrizione, non è più una libera scelta.

All’esterno non si vede la differenza (o meglio, sembra che non ci sia), la differenza è tutta interiore.

Come si fa a passare da devo a scelgo, in una relazione?

Si può fare se realizzi che la felicità dell’altra persona è una tua forma di espressione.
È parte di te.

Che tu ti esprimi anche realizzando i bisogni e i desideri dell’altro.

[feature_box style=”1″ only_advanced=”There%20are%20no%20title%20options%20for%20the%20choosen%20style” alignment=”center”]Attenzione: ho scritto “anche”, non “solo”. Lo scrivo perché c’è sempre qualcuno che mi viene a dire: “Eh, ma allora se vivo solo per l’altro, poi mi annullo!”
C’è una risposta lunga e una breve. Qui mi limiterò a quella breve: come per tutte le cose, anche le relazioni sono un bilanciamento di equilibri fra tu e io. Il frutto di questo bilanciamento si chiama “noi”. Come bilanciarsi positivamente lo spiego più avanti. [/feature_box]

Se ti metti in secondo piano e fai un dono di relazione, non ci perdi niente.
Sei tu. Realizzi una parte di te.
Coi figli lo facciamo costantemente (o almeno tentiamo di farlo).

Questa credo sia una parte fondamentale per costruire un rapporto, di qualsiasi tipo (ma in quello di coppia più di tutti), che sia solido e duraturo.
Il tutto si riassume in una parola, spesso usata a sproposito, soprattutto dai cantanti pop italiani: amore.
L’amore è una scelta, un impegno quotidiano, un’attività full time 24 ore su 24.

Ok tutto bello ma se io non sento che la felicità dell’altro è anche la mia realizzazione? Se sono distante, ferito, scazzato? Che si fa? Basta volerlo e crederci forte forte?

Bella domanda. Mi piacerebbe dire di sì ma sarebbe un po’ irreale.
Diciamo che ci sono delle condizioni che favoriscono una scelta di apertura piuttosto che la chiusura.

Di solito le cose funzionano meglio se in una relazione (di qualsiasi tipo si tratti) abbiamo delle condizioni favorevoli (ma no?).
In presenza di alcuni elementi la cura per l’altro fluisce in maniera libera, spontanea, facile. Fare per l’altro diventa una gioia, quasi un gioco, che se un giorno non lo fai ci rimani male.

In assenza di tali elementi l’amore c’è uguale…però che dura viverlo!
Ecco che l’amore e le relazioni sembrano una fatica immane, un sacrificio, una cosa per cui soffrire è considerato normale. Fare per l’altro (che in fondo l’amore è questo) diventa allora un lavoro duro e impegnativo, anziché una gioia. Una cosa che devi fare, sennò le cose vanno male.

Quindi, avere o no questi elementi cambia tantissimo la tua percezione delle relazioni.
Ecco quali sono:

I 3 elementi di una relazione equilibrata

  1. Equità: ognuno ha la sensazione soggettiva che dare e ricevere siano in equilibrio.
    Nessuno sente di stare dando di più, per un tempo troppo lungo, di quello che riceve.Ti faccio un esempio personale che può sembrare strano o inusuale.
    Mia moglie prepara pranzi e cene, io le suono la chitarra, la porto a vedere posti belli, organizzo gite interessanti. Dal punto di vista oggettivo cos’è più impegnativo e importante? Cucinare, è ovvio. Anche perché senza quello non esiste il resto. Noi però, soggettivamente, sentiamo di essere in equilibrio. A lei va bene così. A me pure. Ognuno sente, in modo libero e del tutto soggettivo, di prodigarsi per dare cura e di ricevere la cura dell’altro.Qualsiasi tipo di relazione ha questo genere di equilibrio o squilibrio.Parte dello scopo di una relazione è trovare e mantenere l’equilibrio tra dare e ricevere.Attenzione: non è un equilibrio statico!

    Domani mia moglie potrebbe non farcela più a cucinare da sola e potrebbe avere bisogno di una mano. Se la mia risposta fosse negativa, ho appena spezzato l’equilibrio del dare e ricevere!NB: ci sono dei momenti nella vita dove uno ha più bisogno di ricevere di un altro.
    Anche riuscire a trovare un equilibrio, decidendo quando si riesce a dare in surplus fa parte del sistema di equità, finché rimane una scelta. Avviene nella coppia come in una relazione stretta fra collaboratori di un’azienda, come fra i componenti di una squadra sportiva, ecc..
  2. Equilibrio personale: è quella condizione per cui sto bene così come sono
    Perciò non vivo sempre in difesa, non mi sento sempre aggredito, in difetto, non ho bisogno di vedere in difetto l’altro, non devo dimostrare o volere dimostrazioni dall’altro, ecc.Non devo cioè usare la relazione per riempire i miei vuoti esistenziali.O almeno, non eccessivamente. In questa condizione l’altro non è un nemico.Spesso l’altro è un nemico, non a causa di qualcosa che ha fatto, ma a causa del ruolo che riveste e che ci rimanda a elementi non risolti del passato.
    La faccio breve, con un esempio da psicologia da due soldi: lei che vede in lui tutti gli atteggiamenti negativi del padre, con cui non ha mai fatto pace, lui che vede in lei una sorta di mamma, su cui scaricare responsabilità e doveri.
    I
    n pratica, nessuno dei due sta veramente con l’altro, ma con l’immagine che l’altro gli ricorda. Non avete idea di quanto sia comune!
  3.  Assenza di ferite non risolte o troppo gravi. Questo è fondamentale!
    Quando non ci sono ferite hai la strada maestra per la comprensione.La comprensione è l’elemento che tiene unite le persone.
    Viceversa, le ferite uccidono la comprensione e col cavolo che ho voglia di mettermi in secondo piano e donare qualcosa per qualcuno che mi ha ferito!Come agiscono nella pratica le ferite?
    Se la comprensione unisce, le ferite allontanano. Semplice.Immaginali proprio come dei paletti, dei muri, dei rovi pieni di spine che ci sono fra te e l’altro. Ogni ferita elimina qualcosa che hai in comune con quella persona e ti distanzia sempre di più. Mette un nuovo paletto.E quando sei distante non vedi più bene l’altra persona.Noi possiamo fare qualcosa solo per quelli che vediamo.
    Di fatto, se non vediamo qualcuno, per noi quel qualcuno non esiste.Le ferite ti fanno allontanare e ti fanno “non esistere” l’altra persona.
    Smetti di vederla, di sentirla, di entrare in empatia con lei, di vedere bisogni, successi, sofferenze, desideri….ok, serve ancora dire perché le ferite fanno male?

Quando si hanno questi tre elementi in equilibrio, il bene dell’altro diventa una priorità quasi automatica. Nel senso che non ti dovrai sforzare troppo per pensare: “Come posso fare affinché [nome della persona] stia bene, ottenga il massimo, sia felice, ecc…?”

Sarà fonte di gioia, di appagamento quasi più tuo che dell’altra persona!
E alla fine ti dirà pure grazie! Che vuoi di più?

Se uno o più elementi non sono in equilibrio, allora il bene dell’altro è associato a una sensazione di perdita. E non verrà perseguito o lo sarà, ma in modo non spontaneo.

Come mettere a posto i 3 elementi della relazione?

Premesso che in un articolo di poche pagine parlare di soluzioni è voler essere arroganti, lancio due idee su cosa si può fare.
Come farlo poi è una questione che si può trattare solo dal vivo in un percorso strutturato, nella vita o in entrambi.
(A breve avremo buone notizie in tal senso: se sei interessato può iscriverti qui e restare informato sulle nostre proposte di percorsi!)

  1. Risolvere i propri drammi interiori a sufficienza per non scaricarli sull’altra persona
    Il concetto chiave qui è a sufficienza.
    Non è importante iniziare una lotta senza quartiere alle proprie mancanze, né lo scopo è quello di eliminarle tutte. Questo porterebbe in un circolo vizioso, quelli in cui finiscono i corsisti seriali.La chiave per capire se stai diventando un corsista seriale o meno è una semplice domanda: sto procedendo nella direzione dei miei obiettivi o sono totalmente fermo? Se sei fermo perché stai frequentando l’ennesimo corso per cercare partner e non ti rimane tempo per cercare effettivamente partner, forse ti sei appena risposto!È importante pulire i propri vissuti e stati emotivi abbastanza da poter proseguire nel proprio cammino senza intoppi eccessivi.Per intoppi eccessivi intendo limitare l’espressione dell’uno, dell’altro o costringere uno dei due (o entrambi) a rinunciare a un proprio fine che considera vitale.Altro esempio classico ormai trito e ritrito (che però avviene spessissimo ancora): lei vuole sposarsi, lui per paura o per motivi mai davvero compresi, no. Lei alla fine se la mette via per amore di lui, ma in fondo ha rinunciato a uno dei suoi fini più importanti.
    La vita acquista un altro sapore ed è un po’ più amara di come pensavi.Come faccio a risolvere i miei irrisolti? Mi sveglio una mattina e decido di farlo?

    La risposta è sì, parte tutto da lì.
    E poi da uno studio “matto e disperatissimo” su di te e un allenamento costante.
  2. Smettere di ferire: drammi o no, la scelta di non ferire è sempre meritoria.
    Se non sai come fare puoi cominciare con la visione del webinar sulle ferite. Due ore dedicate esclusivamente a questo argomento.
  3. Dire sì, anche se hai voglia di dire di no.
    Questa è una cosa difficilissima, per cui ci spendo solo due parole.
    E puoi farlo solo se hai bene in mente il valore della relazione e cosa vuoi costruire.Fare per l’altro aiuta spesso a superare le barriere della mente e a “sciogliere” i propri drammi come neve al sole.È ovviamente difficile tenere questa posizione, che implica un’attenzione costante sul valore della relazione e una scelta forte e continua sulla sua piena realizzazione.
  4. Chiedere aiuto.
    Farsi aiutare è un buon sistema.
    Avere qualcuno che ti comprenda, che ti sostenga e ti aiuti a ri-centrarti nel momenti di sbandamento, è fondamentale. Spesso fa la differenza fra riuscire e non riuscire.
    Per approfondire puoi leggere l’articolo sulla crisi.

Il concetto chiave da tenere presente è questo: le relazioni si possono apprendere.

Sono un insieme di miglioramento di sé e di miglioramento delle dinamiche della relazione stessa. E parlo di qualsiasi relazione. Da quella di coppia, a quella con amici, collaboratori, superiori, ecc.

Ciò che fa la differenza sono le informazioni e le conoscenze che potrai apprendere (di cui questo articolo ti ha dato un assaggio) e la tua umanità e il tuo coraggio.

Il tuo desiderio di migliorare quella relazione, anche se magari non sai come fare.

È da lì che parte tutto.
Senza umanità, senza desiderio, non si cammina da nessuna parte.

A quel punto puoi metterci dentro quello che vuoi: libri, conoscenza, insegnamenti.
Anche se nulla batte un corso pratico e strutturato, perché alla fine, il terreno di gioco della vita è…la vita stessa! E un corso pratico ti fornisce gli strumenti per giocare subito con nuove regole nella tua vita!

Ma la scelta parte da te. Dalla tua umanità, dal tuo desiderio di andare oltre i tuoi limiti e di andare incontro all’altro.

Questo desiderio chiamato umanità non è altro che la forma e il valore di chi sei tu.

 

 

 

(PS: se sei già curioso/curiosa delle nostre proposte per migliorare le tue relazioni, inserisci i tuoi dati qui sotto e ti terremo informato in anteprima!)

 

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4 commenti su “I 3 elementi per una relazione equilibrata: come far felice l’altro senza rinunciare a nulla di te”

  1. Giorgia Marchesini

    Ciao Matteo, credo che il concetto di amore che tu esprimi sia esattamente l’apice più alto di tale sentimento. È quel sentimento più puro che si trova nel momento in cui vedere esplodere un sorriso sul volto della persona amata, rappresenta la nostra gioia più grande. Parlare di rinunce credo sia quasi un controsenso perché nel momento stesso in cui facciamo il meglio per l’altro, lo rendiamo felice, esaudiamo un suo desiderio, ecco che la parte più profonda di noi si riempie di gioia e di quello che rappresenta il miglior nutrimento per la nostra anima. A volte tuttavia però tale sentimento viene mascherato dal nostro senso del dovere, dover essere una buona madre, una buona moglie, una buona lavoratrice, ecc ma quando accade ciò, una vocina dentro di noi ci fa sentire inadeguati poichè lo spirito che ci guida non è la nostra anima ma il senso di giudizio e di critica che ci siamo costruiti dentro nel tentativo di essere accettati. Credo tuttavia che dentro i nostri cuori ci sia una spinta molto più nobile ed elevata e dandogli retta, andremo solo nella direzione migliore non solo per noi ma anche per gli altri. Io mi sono accorta che per sfatare il rischio di cedere al senso del dovere, mi pongo una semplice domanda: CIÒ CHE STO PER FARE MI RAPPRESENTA? È UN’ESTENSIONE DI ME? SONO FIERA DI CIÒ CHE STO PER FARE? E solo quando rispondo sì a tutte e tre, allora procedo, altrimenti mi fermo e cerco di capire quale desiderio nascosto sì cela davanti a quel gesto, un senso di rivalsa, un desiderio di essere amati, una ricerca di attenzione e allora quel vuoto li non può essere colmato dal fare qualcos’altro ma da concentrarsi su quel sentimento e confrontarsi sul perché di quella mancanza. Ecco che come dici tu l’amore è un dare e ricevere, perché mi apro, mostro una mia debolezza, chiedo aiuto e se ricevo comprensione, accoglienza e ascolto, ecco che la magia avviene e le due anime si elevano.

    Grazie di avermi permesso di essere grata all’amore.

    1. Matteo Saltori

      Cara Giorgia, che bellissima condivisione!
      Concordo con te, parlare di rinunce non ha senso. Quando avviene significa che dobbiamo attivare qualche campanello d’allarme e farci qualche domanda. E quelle che ti fai tu sono veramente efficacissime, prendo spunto.
      Grazie a te, a rileggerci.

  2. Questo articolo è ricchissimo di spunti! Complimenti 🙂
    Aggiungerei un ingrediente alla ricetta per una relazione sana: non prendersi troppo sul serio, se vogliamo usare una terminologia comune, oppure non identificarsi, se vogliamo attingere alle scuole esoteriche.
    Comunque lo vogliamo chiamare, questo ingrediente è fondamentale per non caricare di peso e di aspettative la relazione e gli eventi che vi accadono.
    Non significa non dare valore o importanza a ciò che accade, ma mantenere quella giusta distanza percettiva che consente di non cadere nella trappola degli automatismi.
    Per esempio, di fronte a una battuta del mio partner su di me, non sentirmi ferita perché ho la coda di paglia su quell’argomento, ma rimanere in ascolto e cogliere la sua reale intenzione… che magari era puro divertimento!

    1. Matteo Saltori

      Ciao Roberta, sono lieto che ti sia piaciuto.

      Non prendersi troppo sul serio…fondamentale! Fondamentale in tutto, oserei dire. Mi piace moltissimo la tua definizione, compreso l’esempio.
      Diciamo che qui la non identificazione “mi tocca” considerarla parte integrante della seconda macrocategoria, l’equilibrio personale.
      Dico “mi tocca” perché questo è il limite di un articolo breve: fare una cernita per giostrarmi meglio che posso fra completezza e leggibilità.

      Però ora mi è venuta voglia di aggiornare l’articolo!

      Grazie a te per l’ottimo spunto, alla prossima.

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