Scopri come raggiungere i tuoi obiettivi evitando gli errori che fanno (quasi) tutti, senza cadere nelle scuse che si racconta la volpe con l’uva

 

« Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: «Sono acerbi». Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze. »(Esopo, La volpe e l’uva)


Chi non conosce questa favola?

La useremo come canovaccio per parlare di un argomento che ci sta molto a cuore: come perseguire il tuo obiettivo chiave© e realizzare una vita che ti completa.

Per farlo, studieremo la storia della nostra amica volpe, però preparati, perché lo faremo in un modo alquanto inedito.
Perciò non saltare su a dirmi “
Ehi, Esopo non l’ha mai detta questa cosa!

Bene, sei pronta a vedere dissacrato un mito della tradizione culturale mondiale?

Si parte!

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In questo articolo scoprirai:

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Prima di iniziare devo avvisarti: questo articolo potrebbe tirarti qualche legnata nei denti. Il suo potenziale di frustrazione può essere molto elevato. Ti senti pronta?

Prosegui a tuo rischio e pericolo!

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Cos’è un obiettivo chiave e perché è importante

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Analizziamo la favola passo passo.

La volpe vuole l’uva. Non vuole un frutto qualsiasi. Vuole proprio l’uva. Possiamo dire che l’uva è la metafora di un suo bisogno esistenziale, che chiameremo bisogno o obiettivo chiave.

Spendo due parole su questo concetto, ma ti dico subito che verrà approfondito in un corso a cui potrai partecipare dal vivo, entro breve.

 

L’obiettivo chiave è un fine della vita esistenziale, soddisfatto il quale si raggiunge o ci si avvicina a una pienezza o completezza esistenziale.

Alcune caratteristiche dell’obiettivo chiave:

  • ce n’è almeno uno per ogni area della vita. Quindi in ogni fase della vita ne abbiamo più di uno.
  • cambia a seconda della fase della vita di una persona. Uno studente universitario avrà dei fini differenti da quelli di un padre lavoratore. 
  • non sono da confondere coi sogni o coi desideri. Gli obiettivi chiave non sono equivalenti o interscambiabili con altri sogni. Anzi, sono spesso molto specifici e reali. Significa che hanno un modo di realizzarsi e spesso anche una data di scadenza. Realizzarli parzialmente scambiandoli con altri o mancarli del tutto provoca frustrazione.
  • realizzare l’obiettivo di una fase di vita in una fase successiva significa mancare a realizzare l’obiettivo della fase in cui si è. Questo rischia di portare frustrazione, perché si continua a posporre l’obiettivo della fase in cui si è al momento.
  • realizzare l’obiettivo della fase in cui si è al momento è più importante che realizzare quelli precedenti.
  • realizzare l’obiettivo della fase in cui si è, azzera all’istante il dolore e la frustrazione spesi e sentiti per arrivare fino a lì e nella maggior parte dei casi permette anche di fare pace con gli obiettivi irrealizzati della fase precedente.

La volpe quindi ha questo obiettivo chiave. Non può rinunciare a realizzarlo, pena l’insoddisfazione.

Tenta, ritenta e alla fine desiste.

Il fine però, come abbiamo detto, è fondamentale. La volpe non può rinunciarvi. È come rinunciare a una parte di sé. Questo genera frustrazione. La frustrazione può essere eliminata del tutto SOLO se il fine è realizzato.

(Esistono situazioni oggettive dove una persona non può realizzare quel fine indipendentemente dalla sua volontà, abilità o grado di impegno.
Che so, sei un maratoneta e perdi l’uso delle gambe.
Per questa situazione il discorso è un po’ più delicato e non lo approfondirò qui. È più un argomento da corso o incontro di coaching one to one. Ok?)

La volpe non sopporta tale frustrazione e decide di operare un’escamotage: se la racconta.

Si racconta una storia dove si auto convince che quel fine non era poi così importante. E vive felice. In apparenza.

La storia non lo dice, ma la volpe non vivrà felice. Farà di tutto per sembrarlo, ma dentro di sé non lo sarà. Sarà sempre frustrata, perché non ha realizzato l’unico obiettivo chiave della sua vita.

Qui bisogna stare molto attenti, perché le persone sono bravissime a raccontarsi storie. A te che leggi non devono interessare quelle degli altri, ma la tua sì.

Ecco alcune linee guida per scoprire il tuo obiettivo chiave:

  • Cos’è quell’obiettivo, quel fine, raggiunto il quale tutto il resto diventa superfluo (o quasi) per la tua realizzazione, felicità, completezza?
  • Stai realizzando il tuo obiettivo chiave?
  • Se no, quali storie ti stai raccontando per non realizzarlo? Cosa ti dici per evitare di realizzarlo?
  • Da quanto tempo stai evitando di realizzare il tuo obiettivo primario? Questa è un po’ la misura di quanto sei brava a raccontarti storie.

Te lo dico subito: in un articolo non potrai trovare risposta a queste domande. Queste sono domande da ripetersi nel tempo e nel tempo e nella costanza trovano le risposte.
Per questo stiamo strutturando un corso apposito che può dare un’accelerata al tutto.
Questo articolo serve per farti capire il concetto di crescita che sta dietro alla storiella della volpe e l’uva e farti prendere confidenza con queste domande. Perché, come abbiamo visto in altri articoli, solo con le domande giuste puoi sperare di arrivare alle risposte corrette.

Nel migliore dei casi, mi auguro che tu prenda una posizione: scelgo di smetterla di raccontarmela (anche se ancora non sai come si fa).

Nel peggiore, verrai a criticare quello che sto scrivendo qui. 

 

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Fedeltà alla verità di sé

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C’è un punto che non si considera mai.

Perché la volpe ha desistito? Perché non è andata avanti? Perché non ha trovato altre soluzioni?

Perché non ha chiesto aiuto?

Se la risposta è che non ha spina dorsale, non ha carattere o non è abbastanza motivata, magari è anche vero ma non ci aiuta. Non ci aiuta perché non c’è niente da imparare da una cosa generica come «non ha carattere». E come si fa ad averlo, allora?

No, la risposta che ci serve è un’altra.

La volpe non è stata fedele alla verità di sé.

Qual è la verità di sé?

La verità, in quel momento, è che lei NON è capace di prendere l’uva.

Fuori di metafora, non è capace, in quel particolare momento della sua vita, di realizzare il suo obiettivo chiave.

C’è un problema: questa consapevolezza genera un’immensa frustrazione.

È in questo punto critico che le persone spesso cadono.

È in questo punto che si crea un bivio e le persone si dividono in due categorie.


C’è chi regge alla frustrazione.

La accetta, accetta tutti i propri limiti e con coraggio e onestà si dice: ok, non sono capace. Come posso imparare? Come posso fare meglio? C’è qualcuno che mi può insegnare?

Dall’altra c’è chi non regge la frustrazione dell’incapacità.
Si giudica, si sente inferiore. Gli fa troppo male.

Di solito le persone che non reggono la frustrazione del non essere capaci sono persone che hanno un problema con l’errore, col giudizio. Si sentono giudicate e si auto giudicano inferiori, qualsiasi cosa facciano. In pratica, tre quarti dell’umanità, io in primis.

La persona non accetta la frustrazione, perché legata al giudizio. Di conseguenza, non accetta la verità di sé in quel momento. La verità è che non è capace.

Non la accetta e quindi non riuscirà nemmeno a farsi le domande giuste per andare oltre questa situazione.

Chi non accetta la realtà comincia, senza nemmeno rendersene conto, a raccontarsi storie.

 

La storia migliore di solito è quella che mi vede come inerme, di fronte a eventi, fatti, persone che mi hanno impedito di fare.

Non è mai colpa mia o non del tutto.

C’è sempre qualcuno o qualcosa – la mia storia passata, la mia sofferenza passata, gli altri con la loro ostruzione, i miei genitori, il contesto sociale – che mi impedisce di farmi la fatidica domanda: come posso fare meglio, a partire dalla realtà di adesso?

Tanto, anche me la facessi, non ci sarebbe risposta.
Quindi non me la faccio. O faccio finta di farmela ma in realtà non me la faccio davvero.

 

In pratica, le persone che non accettano la propria condizione di inabilità, useranno tutte le loro risorse di tempo, energia e attenzione per NEGARE la situazione che le fa sentire inferiori, anziché usare tutte le proprie forze per cercare le strategie atte a USCIRE dalla situazione che non funziona.

In entrambi i casi è un investimento di risorse, con la differenza che gli esiti saranno diametralmente opposti. Chiaro no?

 

Le questioni di giudizi e sensi di colpa sono handicap non da poco.

Sicuramente esistono milioni di soluzioni per affrontare una cosa simile.

Un ottimo inizio lo puoi trovare nel percorso sui 7 pilastri della vita! Prova subito la versione gratuita QUI.

 

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Le relazioni e il muro della frustrazione

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Noi non siamo soli. Non viviamo soli, non facciamo le cose da soli.

Le persone che incontriamo le incontriamo a caso? Onestamente non mi interessa.

Una cosa però è certa: quelle che frequentiamo non sono a caso. Quelle le scegliamo proprio. Nella vita non ci “capita” proprio nessuno.
Ma dove le scegliamo?

Ti stupirà sapere che non siamo così liberi di frequentare chi vogliamo.

Noi frequentiamo persone che, implicitamente o esplicitamente, confermano la validità delle nostre scelte.

Che significa?

Torniamo alla volpe.

Vuole l’uva ma non riesce a prenderla. Inizia a raccontarsi mille storie che in fondo l’uva non è così importante, che alla fin fine anche una mela caduta da terra è lo stesso.

La volpe però non vive da sola. Vive nel bosco con altri animali.

Secondo te, chi andrà a frequentare? A chi racconterà la sua storia?

È semplice: la racconterà agli stessi animali che hanno rinunciato e si sono raccontati una storia. Non andrà mai da quello che l’uva è riuscito a prenderla, perché è come se gli sbattesse in faccia il suo fallimento.

Non andrà da quello che dice «L’uva ancora non l’ho presa, ma non mi arrendo, ci dev’essere un modo», perché lei che ha rinunciato si sentirà mediocre.

Frequenterà tutti quelli che le diranno: «Ah, l’uva. A noi non piace così tanto. Sì, non l’abbiamo mai mangiata, ma è ovvio che è acerba. E in fondo, una mela o una pera cosa cambia? No guarda, meglio prendere altra frutta. Tutta questa gente fissata con l’uva! È un’ossessione! Noi che abbiamo scelto altri frutti ci distinguiamo dalla massa. La nostra è la scelta giusta.»

Togli uva e metti relazione di coppia, amicizia, successo nella vita e nel lavoro, felicità, stare bene, dimagrire, fare soldi, fare carriera, realizzare i propri desideri, sentirsi appagati della vita che si vive, fare figli…mettici quello che vuoi.

Qualsiasi sia il tuo obiettivo chiave di questo momento della vita, in questo momento che stai leggendo.

La volpe frequenterà persone che le diranno «No, non è colpa tua se la relazione non funziona. È lui/lei che è uno/a stronzo/a.»

«Devi pensare a te, gli altri non ti capiscono mai.»

Quando tenti di realizzare un obiettivo chiave, ti trovi davanti a un muro, il muro della tua incapacità. Questo muro è fatto di ansia e frustrazione. Se vuoi attraversarlo non hai scampo: devi mangiarti ansia e frustrazione a pranzo, colazione e cena. E pure a merenda.
Ricordi l’articolo dei 4 mostri della crescita? Ecco.

Se sfondi questo muro, incontrerai le persone che ce l’hanno fatta.

Persone che ti tenderanno la mano e ti aiuteranno del tutto a passare, per il solo fatto che sei stata completamente sincera e onesta con la tua verità. Non l’hai negata, non hai fatto finta che andava bene così.

Ma se il muro non lo sfondi, se rinunci, se ti racconti una bella storia per smettere di sentire la frustrazione, da questa parte del muro chi incontrerai?

Solo quelli che non ce l’hanno fatta. Tutti quelli che se la sono raccontata. Vi stringerete attorno al fuoco della delusione comune e vi racconterete che, in fondo, va bene così.

Peccato che non sia vero.

 

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Come stare di fronte alla frustrazione?

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Mangiare frustrazione tutti i giorni, 24 ore non stop può essere un’esperienza in grado di annientare anche i più forti. Nessuno qui è Superman, tanto meno io che scrivo. Anzi, penso di essere quello meno forte di tutti.

E allora, come ho fatto a reggere il mostro della frustrazione, guardarlo negli occhi e andare avanti, senza fermarmi?

La risposta è semplice:

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Sono sempre andato insieme ad altri.

E fin qui, lo cosa si capisce. Sei mai andata in montagna insieme ad altre persone, possibilmente più esperte di te?

C’è chi ti offre un pezzo di cioccolata, chi conosce la strada e ti incita a continuare, che fra mezz’ora siamo arrivati, chi conosce i posti migliori dove fermarsi a riposare. Non servono tanti giri di parole per spiegare che il cammino insieme è più lieve. Che quando ti fanno male i piedi e le spalle sono gravate dal peso della zaino, una parola gentile, un incoraggiamento, riescono anche dove i tuoi muscoli da soli non arriverebbero. E a volte c’è perfino chi ti porta lo zaino.

È così in montagna, è così nella vita.

Se vuoi sfondare il muro della tua frustrazione e vedere cosa c’è al di là, hai bisogno degli altri.

La domanda meno intuitiva è: quali altri? Vanno bene tutti?

No.

Vanno bene quelli che vanno o sono già andati nella tua direzione.

Quelli che all’uva non ci hanno rinunciato. Quelli che la frustrazione l’hanno già mangiata e sono andati oltre.

Capisci perché questo abbiamo questa «ossessione» delle relazioni? Capisci perché ne parliamo sempre?

Perché, per dritto o per storto, le relazioni, gli altri, fra i piedi te li ritrovi sempre.

Allora vale la pena di scegliere quali altri avere attorno, perché così facendo sceglierai chi sei davvero tu, dove vuoi andare, come vuoi andare, con chi vuoi andare.

Gli altri dicono qualcosa di te. Dicono chi sei e dove vuoi andare. Dicono che scelte hai fatto e stai facendo.

Puoi capire dove vanno le persone a seconda di coloro che frequentano.

E puoi capire anche te stessa, a seconda delle persone che frequenti.

Non solo. Puoi CAMBIARE te stessa a seconda delle persone che scegli di frequentare.

E la differenza, alla fine, è tutta qua: se gli altri li scegli, o se ti fai scegliere.


Se rimani fedele alla tua verità, se mangi la tua frustrazione, se tenti di sfondare quel dannato muro, cioè se scegli di COSTRUIRE la vita che senti essere tua, ti troverai a scegliere altri come te. O che tentano di fare o che ce l’hanno fatta.

Se rinneghi la tua verità, se tradisci te stessa, se non resti ferma davanti alla tua frustrazione, tornerai indietro. E gli altri che avrai a fianco non sono quelli che hai scelto, ma quelli che si trovano lì. Si trovano lì perché hanno rinunciato. E come te, si raccontano storie.

Non sarà una scelta, perché non è una scelta fuggire di fronte alla verità di sé.

 

Il metodo è semplice (ok, a parole): guarda la tua verità, la tua frustrazione in faccia e poi scegli di andare insieme a persone che fanno altrettanto o che già l’hanno fatto. Scegli persone che non se la raccontano. Perché non la racconteranno nemmeno a te.

Ma, cosa più importante, non crederanno alle tue storie quando le racconterai.

 

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Fra errori madornali e scelte intelligenti: una storia vera

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C’era un ragazzo che andò all’università di Sociologia. Amava stare lì, amava studiare quelle cose, ma non aveva metodo, né tenuta di fronte alle difficoltà. Cominciò a mollare lo studio, a fare sempre meno.

Aveva due tipi di amici: quelli che studiavano come matti e quelli che non facevano una mazza dalla mattina alla sera.

I due tipi di amici man mano cominciarono a non frequentarsi più.

Lui dovette scegliere.

Scelse in base a quelli che gli provocarono la minor frustrazione.

Scelse gli sfigati, gli amanti della soft life, quelli che si alzano la mattina alle 10, vanno in università a mezzogiorno, poi pranzano, poi pausa post pranzo, poi pausa merenda e alla fine si torna a casa e si esce la sera a divertirsi.

Iniziò a sfottere quelli che studiavano otto ore al giorno, manco fosse un lavoro.

Era l’università, che bisogno c’era di morire sui libri? C’era sempre tempo di studiare!

C’è sempre tempo.

Anni dopo, gli amici della soft life avevano mollato tutti e i genitori li avevano costretti ad andare a lavorare.

Gli amici studiosi si erano laureati e trovavano lavori interessanti.

Lui rimase lì, come un pirla, né carne né pesce, senza aver mai appreso davvero nulla. Il tempo era finito. Non è vero che ce n’era sempre.

Uscì dall’università con sforzo, senza soddisfazione, senza essere riuscito a raggiungere gli obiettivi che voleva quando si era iscritto, con una frustrazione immensa.

 

Dieci anni dopo frequentò un corso di crescita personale.

Dieci anni di fallimenti, uno dietro l’altro. Il più grosso dei quali un matrimonio andato male.

E lì, incontrò delle persone che sapevano fare quello che lui non sapeva fare. Avevano belle relazioni, bei matrimoni, erano felici, si godevano la vita.

Decise di seguirli, di imparare da loro, costi quel che costi.

Soffrì, si mangiò tutta la sua frustrazione, ma non smise mai più di essere fedele alla propria verità. Fece tutto quello che gli veniva detto, seguì le indicazioni, non si raccontò più storie.

Alla fine sfondò il muro e si trovò dall’altra parte.

 

Ed è per questo che posso scrivere questa storia ed insegnarti.

Perché quel muro l’ho sfondato, grazie alle persone che ho scelto per il mio cammino.

Ma non c’è bisogno di metterci vent’anni. Conto che tu sarai più veloce del sottoscritto.

Tecnicamente, cosa ho fatto?

Ho scelto di frequentare una cerchia di relazioni primaria © funzionale.

Mi ha portato tanta frustrazione, più di quella che posso descrivere a parole, perché confrontarsi con chi è migliore di te è sempre difficile.

Però alla fine sono qui a raccontarlo e ho realizzato gli obiettivi che mi davano completezza.


All’università ho frequentato una cerchia disfunzionale.

Certo, era molto consolante, anzi ero probabilmente il più dotato di tutti, ma alla fine non ha portato alcun risultato. E la frustrazione è solo aumentata.

Le regola della frustrazione è: più rimandi la soluzione di una vita che genera frustrazione e più la frustrazione sarà elevata quando deciderai di affrontarla.

 

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Trovare un buon mentore: la regola dell’autorità

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“Se sei la persona più intelligente nella stanza, significa che hai sbagliato stanza”
Jay Abraham

 

La maggior parte delle persone, quando si trova davanti alla frustrazione, fa come la volpe. Rinunciano e si raccontano che l’uva è acerba.

Fai attenzione: non parliamo di un obiettivo qualsiasi che deve essere portato avanti per chissà quali ragioni sociali, di immagine, di confronto con gli altri.

Parliamo di qualcosa che emerge dalle più remote profondità di chi sei e che hai una necessità esistenziale di realizzare. Puoi chiamarla la tua missione. Il senso della tua vita. Ciò per cui dovresti alzarti la mattina felice e realizzata.

Devi realizzarlo non per qualche motivo esterno, ma per un semplice motivo: è il TUO obiettivo, è la cosa che ti realizza. È la tua vita. Sei tu.

È realizzare te.

E per ogni ambito della vita ce n’è almeno uno.

A questo punto, forse avrai la tentazione di raccontare a me che non è vero.

E puoi anche raccontarlo a te.

Ma la verità rimarrà tale indipendentemente da chi riuscirai a convincere.

 

Perciò, per evitare di raccontarsela, trova le persone giuste e seguile.

Trova un mentore o più mentori.

Il mentore non è per forza una maestro con tanto di pedigree.

Io, per esempio, ho seguito spesso miei amici. Persone come me, che avevano le abilità che a me mancavano. Strano a dirsi, ora quelle abilità le ho anch’io. Miracolo?

Ok, trovare le persone giuste. Come si fa?

Non c’è una regoletta matematica.

Ma quelle persone è facile che le incontrerai se:

  • cerchi di capire quale sia il tuo fine esistenziale.
  • tenti di perseguirlo e di sfondare il muro della frustrazione
  • resti aderente alla verità di te, qualunque essa sia.

In questo percorso incontrerai molte persone. Scegli quelle che stanno facendo o hanno già fatto e seguile.

Trovare un mentore è il primo passo.

Più difficile è seguirlo.

Chiarisco che trovare un mentore e non seguirlo equivale ad avere perso tempo.

 

Seguire un mentore è un’attività molto semplice a parole, meno nella pratica.

Significa fare quello che ti dice. Quando te lo dice. Come te lo dice.

Trovare un mentore significa riconoscere un principio di autorità: lui sa fare e tu no.

 

Hai mai visto Karate Kid? È uguale.

Meno dubbi metti fra te e il mentore, più progredirai.

Se non sai come fare nella pratica, comincia eliminando dal tuo vocabolario le seguenti frasi:

  • sì, ma…
  • sì, però…
  • ma secondo me..
  • non sono d’accordo…
  • io penso che…
  • tu non capisci…
  • non è questo…
  • la mia situazione è diversa…

La lista è infinita. Ma il concetto l’hai capito, no?

Non significa azzerare il senso critico. Non significa rinunciare a se stessi.

Significa riconoscere, nel campo di apprendimento che ti serve, un principio di autorità: il mentore sa e tu no.

Le cose che tu immagini di sapere, lui o lei le sa. Perché le ha sperimentate. E tu ancora no.

È una differenza fondamentale. Il mentore è già la cosa che tu vuoi diventare.

 

Ok, ma quelli che dicono che non abbiamo bisogno di maestri e che il maestro sono io?

Verissimo. Parliamo però di due cose diverse.

Il maestro sei tu significa che solo tu puoi davvero sapere cosa devi fare per realizzarti. Il senso della tua vita te lo puoi dare tu. Il che non è poco. Nessun altro te lo può dire.

Ma poi le strade da scegliere, cosa fare nella pratica, come farlo, spesso è meglio farselo dire da qualcun altro. Perché ha già battuto tutte le strade e può indicarti la migliore.

Serve a risparmiare tempo ed energia.

Ed è la miglior garanzia possibile per sfondare il muro del non riuscire e della frustrazione.

Non fare domande, non cercare di capire.

Segui tutto. Vai, fai, sbaglia, apprendi, rifai, sbaglia e impara.

Solo così puoi sperare di andare oltre al muro della frustrazione, del non riuscire.

Quel muro che ti separa dal tuo obiettivo chiave©. Quello che dà valore alla tua vita attuale.


E ti assicuro che alla fine scoprirai davvero com’è il sapore di quell’uva.

 

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Se l’argomento ti interessa e vuoi approfondire, ti lascio con due risorse.

> Il link al webinar gratuito di CrescitaLibera, dove parliamo delle competenze base per partire bene nella vita e avere più possibilità di centrare la tua personale “uva” ed evitare di perdere tempo a cercare surrogati e raccontarsela come la volpe.
Lo trovi nella pagina dei nostri webinar gratuiti QUI

> L’altro è il libro di una nostra carissima Amica e collega, Carla Greco. Si intitola “Dal dolore alla felicità” e lo trovi a questo link: DAL DOLORE ALLA FELICITÀ

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È ora di fare sul serio. Noi siamo pronti.

E tu?

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