Scopri perché è impossibile fregarsene degli altri e vivere felice.

 

Ciao!
Voglio condividere con te una riflessione nata da una comunicazione ricevuta da una persona.

Questa persona mi parlava della sua vita, di come sta procedendo e a un certo punto mi ha scritto una frase che più o meno suona così:
“Ho deciso di fregarmene di quello che dicono gli altri, vado avanti per la mia strada così evito di soffrire”.

Non so come la vedi tu, ma quello che sto notando (anche insieme a Matteo e Sara), è che in questo periodo va molto di moda questo atteggiamento.

C’è sempre una maggior attenzione a schermarsi. A ritirarsi dalla relazione.

Prende piede una visione delle relazioni come qualcosa di pericoloso, di disturbante.
Sicuramente ti porterà brutte cose, ti porterà giudizi, ti porterà a incomprensioni.

Quindi c’è un canale di crescita, una moda, un trend che punta a questa filosofia di pensiero.
Dietro a frasi apparentemente utili e positive, ci porta lentamente verso un pessimismo protezionistico nei confronti delle relazioni.

Penso a modi di dire come “parto da me” o asserire che la responsabilità della mia crescita è mia e non c’entrano gli altri. Oppure ricordare che se non fai un lavoro su te stessa poi non puoi  neanche pretendere di migliorare le tue condizioni.

Non sono frasi negative, anzi. Ma spesso nascondono un intento molto complesso e subdolo che porta a negarsi alle relazioni o addirittura a temere gli altri!

Per l’esattezza stiamo definendo questo trend con un termine specifico:

 

EGOISMO DELLA CRESCITA

 

Il problema deriva da un fatto, da una evidenza: è reale e oggettivo che nella nostra vita possiamo avere avuto delle esperienze di relazione negative.

Possiamo essere stati feriti.
Possiamo avere subito dei torti.
Potremmo non essere stati sostenuti, magari già nelle nostre relazioni fondamentali, quelle in famiglia.
Oppure avere avuto degli scontri forti e prevaricanti con alcune persone.

Tutti ci portiamo dietro un bagaglio, un pacchetto importante di sofferenza nelle relazioni.
E’ abbastanza normale che, ferite oggi, ferite domani (e se non l’hai visto vatti a guardare il nostro favoloso webinar sulle ferite) la tendenza sia quella di chiudersi a riccio.
Proviamo un certo timore nei confronti delle relazioni e sentiamo addosso questa sensazione tanto da desiderare di non riprovare quelle ferite.

Questo lo comprendo, è umano, è la risposta naturale.

Quello che però sta diventando problematico è che in questa forma di pensiero (che ci porta appunto a volerci difendere) cominciamo a entrare in un circolo vizioso molto pericoloso.

Più o meno è questo:

ho sofferto per le relazioni → in questo momento le mie relazioni non sono soddisfacenti →  se mi tolgo dalle relazioni starò meglio.

Quindi anziché alzare il tiro, usare il fattore M.I.C. (se non ci segui da molto, significa Muovi Il Culo!) per modificare quello che posso modificare e cercare relazioni soddisfacenti e affini, penso che isolandomi starò bene e potrò salvaguardarmi.

Nella realtà, sto facendo un enorme lavoro che porta a un apparente e fasullo benessere.
Invece di scoprire quali risorse posso mettere in campo per migliorare la situazione, investo tempo, energia e attenzione per difendermi.

 

I RISCHI DELLA CHIUSURA E I VANTAGGI DELL’APERTURA

 

Il problema maggiore di questa filosofia di pensiero è che in realtà:

  1. Non possiamo esimerci dalle relazioni.
    Non è possibile per un essere umano stare al di fuori di un sistema di relazione, volontariamente o involontariamente.
    Per cui nel momento in cui ti togli dalle relazioni o escludi delle persone, crei una situazione illusoria.
    Vai contro alla normale necessità ed esigenza di ogni essere umano: essere in relazione, essere visto, essere riconosciuto.
    Alla lunga porterà dei danni maggiori di quelli che possono derivare da relazioni poco soddisfacenti (maggiori magari no, ma non andiamo tanto distanti dallo stesso rischio che cerchiamo di evitare).
    Anzi rischi di ottenere l’opposto di quello che vuoi!
    Molto spesso, se ti orienti solo su come evitare le relazioni invece di aprirti a come migliorarti attraverso di esse, vivi delle esperienze sempre più sopraffacenti.
    Ogni volta che ti scontrerai con le relazioni ti sembreranno sempre più pericolose.
    Per cui in questo primo punto c’è un fortissimo rischio che sarebbe meglio che evitassi di innescare.
  2. L’essere umano vive e si realizza nelle relazioni.
    L’essere umano è nato all’interno di un sistema di relazioni, vive attraverso un sistema di relazioni, esiste in un sistema di relazioni.
    Cioè puoi essere completamente espressa, compresa e vista solo in un sistema di relazioni.
    E’ solo ed esclusivamente lavorando sul sistema di relazioni che un individuo può arrivare al suo compimento, alla sua realizzazione.
    Non è estraniandosi, fregandosene degli altri e non è neanche puntando tutta l’attenzione sul proteggersi da chi pensiamo voglia vampirizzarci (di questo ne parleremo anche in un altro articolo).
    Non è questa la strada.
    La strada corretta è l’esatto opposto: riconoscere se stessi (per cui ovviamente un lavoro su di sé bisogna farlo) ma poi espandere questa conoscenza, questa consapevolezza all’interno delle relazioni.
    Creare un sistema di relazioni di base, quella che chiameremo la cerchia primaria, che ti permette di elevare la tua vita in un sistema di relazioni in cui ognuno eleva la propria, in cui ognuno è amico della crescita dell’altro, in cui il principio di umanità di ogni persona incontra il principio di umanità dell’altra e diventa una sintesi, un’unione, non più separazione, ma un connubio.

 

Solo questo in realtà ci permette di dare un senso alla nostra esistenza: un individuo pienamente espresso nella sua verità che viene accolto, compreso e sostenuto da un altro individuo altrettanto espresso, vero e accolto!

Questo trend di chiudersi, di temere l’altro, di pensare a se stessi perché “solo questo è importante tanto gli altri hanno la loro storia, il loro karma”, è una cazzata.

Se non ti piace il termine, lo dico in un altro modo: è una cazzata assoluta!

E’ vero che gli altri hanno la loro storia. Che hanno bisogno di lavorare su di sé. Tutto vero.

Ma tutti facciamo parte dello stesso mare, tutti facciamo parte della stessa sostanza, dello stesso mondo, tutti abitiamo la stessa casa!

Non esiste che quello che accade all’altro non mi possa toccare, non possa essere la mia storia, non esiste quindi neanche che io faccia solo il mio e me ne stia fuori.

Vero che, se una persona non lavora su di sé, non fa un lavoro approfondito di ricerca, di conoscenza, di consapevolezza, porterà all’interno delle relazioni i suoi disagi e le sue mancanze.

Ma è anche vero che alcuni disagi e alcune mancanze si evidenziano e si possono lavorare solo all’interno di un sistema di relazione.

 

 

UN ESEMPIO PER COMPRENDERE

 

Se ti stai domandando “Ma che cavolo mi dice questo?”, ora te lo spiego subito.

Finché sto davanti alla TV da solo, o faccio qualsiasi attività che non preveda una grande interazione, i miei casini non vengono fuori.
Alcuni limiti, certi retaggi della mia storia personale, certe esperienze negative nella mia storia non scattano, perché non c’è la “miccia” che li accende.
La “miccia” sono gli altri.
Il confronto con gli altri, il dialogo con gli altri, lo scontro, a volte, con gli altri.

Se le esperienze negative non scattano, non si evidenziano, di fatto non le vedo. E se non le vedo non posso metterci mano. E quindi non posso migliorare. Semplice, no?

E quella storia che io sono il mio maestro? Come la mettiamo?

La mettiamo col fatto che un vero maestro conosce perfettamente il suo limite e sa quanto è in grado di apprendere da solo e quanto invece può imparare dagli altri, dal confronto con gli altri, dal dialogo, dalla comprensione con gli altri.

Un vero maestro sa che non può sapere tutto, nemmeno su se stesso. E quindi ha bisogno degli altri, perfino per conoscere di più se stesso.

Se “io sono il mio maestro” l’hai vista come “non mi servono le altre persone”, questo è un dato completamente errato.

Rimane la frustrazione, rimane il disagio ma non appare il primo punto utile per risolverle: la consapevolezza delle mie dinamiche.

Apparentemente sto bene, ma in realtà sono solo, abbandonato a me stesso, ritirato, non sto procedendo verso i fini della mia vita.
E soprattutto, cosa più importante, non ho realmente un qualcuno con cui condividerlo.

In questo caso sono ritirato e ho esclusivamente l’attenzione su me stesso.

Anche quando sono in presenza di altre persone, anche se ci vivo insieme, anche se sono i miei figli, in realtà giochiamo un gioco pericoloso: cerchiamo di sopravvivere.

Se puntiamo a sopravvivere, non stiamo vivendo, non stiamo condividendo, non stiamo creando una realtà comune, non stiamo creando affinità.

Magari non c’è comunicazione e quindi manca comprensione, che è il canale attraverso cui realmente riusciamo a modificare l’assetto delle cose.

Sono sicuro che nei prossimi articoli vedremo anche aspetti più tecnici.
Andremo a fondo della teoria delle cerchie primarie che stiamo elaborando.

Ci sarà un corso interamente dedicato a imparare come creare questi pacchetti di relazioni evolutive. Studieremo come spostare l’attenzione da ciò che ci preoccupa e indirizzarla verso ciò che ci aiuta a crescere (se vuoi puoi chiedere di essere informata/o in anteprima cliccando QUI)..

Tutte cose che la realtà ci sta dimostrando che funzionano e che sono riproducibili.

Il pacchetto base da capire ora è che il risultato che ti ritrovi in mano adesso è il prodotto delle tue scelte, consapevoli e inconsapevoli (studia bene il webinar sulla scelta).

Sommato a questo, l’aria che respiri nelle relazioni principali (cerchia primaria), condiziona gli esiti della tua vita.

Non puoi stare fuori dalle relazioni. Non è possibile.
E le relazioni in cui investi più tempo, energia e attenzione sono parte integrante di chi sei e di chi sarai.

In ogni caso.
Che tu le scelga o meno.
In senso positivo o negativo, determinano il tuo mondo.

Te lo dico perché stiamo testando questa cosa nella nostra vita.
Gli esiti ci suggeriscono che il sistema funziona in modo preciso: la cerchia primaria che abbiamo costruito ci sta dimostrando che, se c’è relazione la crescita ha un passo, una velocità e un senso profondi e definiti.

Se invece non si è in relazione, questo non accade.
Ci può essere anche tanta profondità e tanta umanità ma se questa umanità non si trasferisce all’interno di una realtà comune e condivisa, rimarremo inevitabilmente delle isole separate e non costruiremo mai un arcipelago.

Se con la mia umanità non tocco altre persone in un sistema continuativo, se non mi metto in gioco completamente anche nelle difficoltà della quotidianità, non sarò capace di trasferire la mia profondità e renderla concreta.

Ci sono dei doni d’amore, delle comprensioni, del lavoro da fare, ci vuole impegno e dedizione.

Che poi in fondo non è altro che amore che non rimane ingabbiato come un canarino per divertire pochi ma che si può diffondere e abbracciare chiunque sia pronto a coglierlo nell’intera foresta del mondo.

 

Questo forse è il vero significato di libertà.

L’eroismo di scegliere al di là di se stessi.

E di far parte di un sistema equivalente in cui ognuno possa emergere e portare il meglio di sé, non in modo egoistico ma come parte integrante della realtà delle altre persone.

Quindi in ballo non c’è solo la mia singola sofferenza o la mia singola crescita. C’è un’immensa possibilità di accrescere e accrescersi.

Quindi no, non è possibile fregarsene. Perché significherebbe semplicemente alimentare ciò che ci fa soffrire e privare gli altri del meglio di noi.

C’è solo una scelta che puoi fare.

Cercare chi è affine alla tua verità e insieme costruire un futuro più grande per tutti.

 

Costruisci arcipelaghi, non isole!

 

 

(PS: se sei già curioso/curiosa, inserisci i tuoi dati qui sotto per essere informato/a delle novità importanti che stiamo preparando riguardo le relazioni!)

 

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3 commenti su “Scopri perché è impossibile fregarsene degli altri e vivere felice.”

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